Muti: «Il no a Mozart in Santa Croce? La sua è musica da Paradiso»

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Il direttore d’orchestra: «Che errore il Requiem negato. Nella cattolica Austria lo diressi nel 1989. Ma in chiesa non si possono fare soltanto schitarrate con canti dai testi banali. Diressi proprio il Requiem di Mozart, nel 1989, per la morte di Karajan. La storia della musica deve molto alla Chiesa, tutti i più grandi musicisti nel corso dei secoli hanno lasciato componimenti sacri, io ho inciso sette Messe di Cherubini, di cui esiste già la tomba proprio a Santa Croce».

riccardo muti3Tutto era pronto, con i manifesti negli angoli più visibili di Firenze, per il grande concerto (5 dicembre) dell’Orchestra da Camera Fiorentina, con il Requiem e l’Ave Verum di Mozart nella Basilica di Santa Croce.

Ma, a sorpresa, il priore, padre Paolo Bocci, ha dato parere negativo e l’evento, dalla chiesa in cui avrebbero dovuto partecipare 1.200 persone, è stato spostato nel cenacolo sconsacrato da 300 spettatori.

In città si è ipotizzato che quel no fosse legato all’appartenenza alla massoneria del genio salisburghese.

Ma in serata padre Paolo ha precisato che la sua decisione è stata presa solo perché questo è un periodo penitenziale (quaresima francescana) e dunque la musica di Mozart non era indicata. Eppure due anni fa il concerto si tenne con successo. «A quel tempo le cose erano già state decise prima della mia nomina», ha spiegato il priore. 

- No -
Attonito, basito...? «Sono dispiaciuto». Riccardo Muti commenta il «no» del priore francescano della Basilica di Santa Croce a Firenze, Paolo Bocci, ad accogliere il Requiem e l’Ave Verum di Mozart, scritto per il Corpus Domini, in occasione del tradizionale concerto del 5 dicembre, giorno della morte del «celestiale» salisburghese. Celestiale sì, ma non per il guardiano Bocci, che ha spiegato la sua decisione sottolineando come quella di Mozart non sia, a suo parere, la musica giusta in questo periodo di quaresima francescana.
All’Orchestra da Camera Fiorentina, diretta da Giuseppe Lanzetta, ora è stato offerto il Cenacolo.

Maestro Muti, cosa ne pensa?
«Intanto sul no alla musica in Chiesa ci sono alti prelati che la pensano al contrario e sono favorevoli ad ospitarla».

In un primo tempo sembrava ci fosse un riferimento al fatto che Mozart fosse massone, ma poi Bocci ha spiegato che è stata un’interpretazione errata.
«La massoneria all’epoca di Mozart aveva un significato completamente diverso... La musica, che sia sacra o no, ha una sua sacralità, mi si passi la tautologia. Come dice Sant’Agostino: cantare amantis est; fare musica, cantare, è di colui che ama».

Lei nella cattolicissima Salisburgo...
«Diressi proprio il Requiem di Mozart, nel 1989, per la morte di Karajan. La storia della musica deve molto alla Chiesa, tutti i più grandi musicisti nel corso dei secoli hanno lasciato componimenti sacri, io ho inciso sette Messe di Cherubini, di cui esiste già la tomba proprio a Santa Croce e mi sto adoperando per traslarne le spoglie da Parigi a Firenze, coinvolgendo il presidente Mattarella, con la promessa di eseguire uno dei Requiem di Cherubini in quella Basilica. Se vi fosse un diniego, si vanificherebbe tutto ciò che sto cercando di fare».

Nelle Chiese oggi si dà spazio a canti pop, altro che la musica di Dio...
«Proprio per questo, invece di quelle schitarrate con testi banali, senza nulla che possa immedesimarsi nelle atmosfere spirituali, ho invocato il ritorno a immergersi in quello straordinario patrimonio: che si sia credenti o no, è un arricchimento culturale e spirituale. Non dico di fare solo musica colta, ma non ci può essere solo musica semplice e popolare».

Come spiega il gran rifiuto di Santa Croce?
«Non lo condivido, tanto più che mancano più di venti giorni al Natale, il Requiem di Mozart non è collegabile a questo o quell’evento funebre, è una pagina universale che ti dà il senso della morte».

E l’Ave Verum Corpus, l’altro brano del «caso»?
«È talmente metafisico che porta l’animo a librarsi, indipendentemente dalla fede d’appartenenza. È un pensiero sulla morte aspettando la vita superiore, il Natale. Nei giorni scorsi ero in Puglia e mi sono recato alle tombe dei miei avi a Molfetta. Mi piace leggere le iscrizioni. Su una c’era scritto “Non è la vita che muore: è la morte”. Una riflessione profondissima, non è la vita che muore, è la morte che muore. Tutti i Requiem sono una riflessione sul trapasso, non sono stati scritti per essere eseguiti durante la settimana Santa».

Quali suoi concerti nel repertorio sacro ricorda?
«La Messa in si minore di Bach nel Duomo di Milano, alla presenza del cardinale Martini, e in Vaticano davanti a Giovanni Paolo II; o il concerto in presenza di Benedetto XVI, il papa tedesco che suona il piano e tenne un discorso musicologico con osservazioni che avrebbero fatto invidia a molti critici. Poi a San Lorenzo, a Firenze, il Requiem di Verdi tra Brunelleschi, l’altare di Verrocchio, il pulpito di Donatello, sotto le tombe di Michelangelo. Il trionfo dell’arte nella sua totalità. Ti senti orgoglioso di appartenere a un luogo dove, in uno spazio così piccolo, hai tutti quei Signori, e hai la sensazione straordinaria di cosa significhi la fortuna di nascere in Italia».

La musica ha sempre fatto parte della Chiesa.
«Anton Bruckner è nella Basilica di St.Florian, nei pressi di Linz, che cominciò la sua attività di compositore e a scrivere Sinfonie, con un senso di gratitudine verso il Creatore. Ma pensando a Mozart, se esiste il Paradiso, il Padreterno lo ha messo alla sua destra».

Valerio Capelli

Fonte: Corriere della Sera

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