Venezia obesa da Overtourism

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La diagniosi è dei giornali americani e inglesi che puntano il dito sull’eccessivo affollamento di Venezia e sulle balorde strategie messe in campo dal Sindaco della città lagunare per limitare la "venezianizzazione" da overtourism, appunto.

  methode sundaytimes prod web bin 1f516a16 aeed 11e9 9288 f6b134362728La fotografia con la quale il Sunday Times  di domenica apre il servizio su Venezia: Tourists crowd onto the Rialto Bridge in Venice -ALAMY

Venezia - Il ponte di Rialto gremito da una folla che si affaccia a contemplare un Canal Grande che pullula di gondole stracariche di turisti mentre una visitatrice precipita – o, chissà, si tuffa- in acqua dal ponte. Elicotteri, droni un parapendio: neanche sul cielo sopra Rialto c’è uno scorcio libero da umani da ammirare.

Il settimanale britannico e statunitense The Week dedica la copertina a Venezia con la vignetta a tutta pagina e un titolo che è tutto un programma: «Ospiti indesiderati- La maledizione del sovraffollamento turistico ».

A partire da Venezia – 25 milioni di visitatori all’anno, 32mila passeggeri della navi da crociera e 500mila escursionisti giornalieri - l’articolo fotografa la situazione di molte mete turistiche e che ha creato un neologismo entrato di diritto nell’Oxford Dictionary: «Overtourism». Eccesso, sovraffollamento, obesità da visitatori.

«Un’eccessivo numero di turisti che si traduce in danno ambientale e impoverimento della qualità della vita dei residenti», secondo l’Oxford. L’articolo esamina le situazioni di Parigi, Amsterdam, Barcellona, Macchu Picchu, Galapagos, della Thailandia e racconta delle battaglie dei sindaci per contingentare le affittanze su Airnbnb e l’introduzione della tassa di sbarco a Venezia. E conclude che quella turistica è un’economia in costante crescita che, come molte realtà nel capitalismo, soffre di una diseguale distribuzione delle risorse perché i visitatori si intruppano tutti negli stessi posti, con risultato di una esperienza deludente e di un impatto sulla residenza e il commercio devastante.

A proposito di esperienza deludente: l’anno scorso sempre The Week aveva bandito un concorso tra i lettori per proporre a Venezia uno slogan per scoraggiare i turisti. Il vincitore: «Venezia, le nostre condotte sono aperte» (con un gioco di parole tra condotte fognarie e canali); secondo classificato: «Marco Polo se ne andò per una ragione». La soluzione suggerita oggi da The Week è scegliere mete meno gettonate: «I turisti potrebbero essere più fantasiosi visitando Treviso invece di Venezia, ad esempio».

La medesima idea era venuta a un blogger del New York Times poche settimane fa: «Scoraggiati dalle folle di Venezia? Provate l’oasi vicina», Treviso. Quattro giorni fa Cnn Travel scriveva:«Venezia combatte col numero di visitatori mentre la vicina(!) Torino è decisamente meno congestionata».

Domenica il Sunday Times ha dedicato a Venezia l’apertura dell’articolo «Come l’overtourism sta rovinando le destinazioni più popolari»: «Affollate di bastoni da selfie, una armada di gondole strette l’una all’altra scivola nei canali dietro San Marco. E nella fondamenta a lato una folla assiepata di turisti con i telefonini riprende i passeggeri delle gondole che si fotografano: turisti che fanno foto a turisti che si fanno i selfie».

Il podio del titolo più feroce resta quello dell’Economist del 27 ottobre «Wish you weren’t here». Vorrei che non veweek copy fossi qui, il ribaltamento della canzone dei Pink Floyd. Non passa settimana che la stampa internazionale non parli di sovraffollamento turistico citando Venezia.

«Spesso la polemica parte da una parte della città che ha già iniziato la campagna elettorale e poi rimbalza sulle testate internazionali - osserva il segretario dell’Associazione Veneziana Albergatori, Claudio Scarpa - Resto perplesso. Ricadute? Nessuna. L’anno scorso c’era stato il 15 per cento di calo del fatturato, quest’anno c’è la Biennale e ci sta andando molto bene negli alberghi di fascia alta. Ho più volte proposto al sindaco Luigi Brugnaro di reclutare un’agenzia di comunicazione internazionale per rispondere a questa campagna diffamatoria. Lui è stato il primo, magari in maniera maldestra, ad aver cercato di affrontare il problema».

Replica Jan Van Der Borg, docente di Economia del Turismo a Ca’ Foscari e primo ideatore di una card per le prenotazioni: «Propone con tweet soluzioni impraticabili come i tonelli o una ingestibile tassa di sbarco. Decine di buone idee sono nate a Venezia, ma qui non se ne è fatto niente e invece le applicano ad Amsterdam o a Bruges; nel mondo ormai si usa la parola “venezianizzazione” per indicare lo scenario peggiore dell’overtourism ».

Monica Zicchiero

Fonte: Corriere del Veneto

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