Gli Stati Uniti se ne fregano degli ucraini

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Gli americani non li guardano con gli occhi dell'altruista. Gli Stati Uniti sono una nazione che, più di ogni altra, persegue i propri interessi. Oggi gli occhi del mondo sono sulle migliaia di morti della guerra ucraina, ma tutti sembrano dimenticarsi del sostegno degli Stati Uniti  all’Arabia Saudita, che usa le micidiali bombe a grappolo made in USA contro lo Yemen e ne sta affamando la popolazione.

Ucraina rifugiato 1Nel periodo in cui hanno raccontato l’invasione della Russia in Ucraina, i media mainstream e i commentatori politici in America hanno inquadrato il conflitto come una violazione delle norme internazionali che ha fatto irruzione nella nostra modernità, sconvolgendola. “La crisi russo-ucraina riguarda la possibilità che il mondo funzioni secondo le regole o prevalga l’anarchia”, ha twittato Richard Haass, presidente del Council on Foreign Relations, il giorno dell’invasione. “L’ordine mondiale è l’ossigeno per tutto il resto, a prescindere da come viviamo”. Giornalisti e commentatori hanno descritto l’invasione della Russia come un’atrocità morale senza alcun precedente rispetto agli ultimi decenni: “Medievale”; paragonabile a Hitler; il “primo” test dell’ordine mondiale post-1945; o come innesco di un mondo completamente nuovo.

Per quelli di noi che osservano da vicino gli Stati Uniti sulla scena mondiale, la natura sanificata e astorica di molte di queste narrazioni è sufficiente abbastanza per far venire le vertigini. Non troppo tempo fa gli Stati Uniti hanno consapevolmente ingannato la comunità internazionale prima di dichiarare guerra ed entrare in un progetto neocoloniale di costruzione della nazione in Iraq, uccidendo centinaia di migliaia di civili. Il presidente Joe Biden e gran parte dei commentatori affermano che resistere ai “bulli” è “ciò che siamo”. Eppure gli Stati Uniti hanno attivamente aiutato l’Arabia Saudita nella brutale guerra in corso e nell’assedio dello Yemen.

Secondo gli osservatori per i diritti umani l’Arabia Saudita è stata coinvolta in azioni simili o peggiori di quelle della Russia in Ucraina, creando una delle peggiori crisi umanitarie del mondo (questo non ha dissuaso Biden dal tentativo di ingraziarsi il paese per aiutarlo ad affrontare la crisi russa). Questo solo per elencare due degli innumerevoli esempi in cui gli Stati Uniti hanno agito da bulli o si sono schierati con i bulli, dopo la seconda guerra mondiale e ignorando un ordine mondiale fondato sulle norme internazionali.

Sottolineare l’incoerenza e le autoindulgenti omissioni rispetto alla storia ufficiale spesso è sufficiente per far entrare la conversazione in un campo minato. Ma il valore di questo esercizio non consiste in un astratto gioco a chi ha le mani più sporche. Si tratta di combattere la cecità imperialista — l’infinita capacità di autoinganno della società americana su come e perché si comporta da forza egemone nell’arena internazionale. Ammantando gli obiettivi geopolitici con il linguaggio del moralismo e nascondendo le contraddizioni sotto il tappeto, gli Stati Uniti sono in grado di comportarsi in modo avventato e brutale senza assumersi alcuna responsabilità e senza imparare nulla dalla propria condotta. E senza accettare che tutto questo pianta i semi da cui germoglieranno futuri comportamenti e decisioni sbagliate.

Il resoconto veritiero di quanto accade nel mondo è la precondizione per comprenderlo. E comprendere il mondo reale, piuttosto che vivere in uno di immagini idealizzate o sentimenti viscerali, è una precondizione per comportarsi secondo morale ed efficacia. Il mito delle azioni russe come un qualcosa del tutto eccezionale — come una sorta di forza satanica che ha causato una frattura nel progresso della civiltà umana — aumenta le probabilità che la società americana sviluppi un mandato per un intervento incauto, come dichiarare una no-fly zone che scateni una guerra con la Russia. (Fermare il male incarnato sembrerebbe un motivo valido per rischiare la Terza guerra mondiale). Ma una più precisa contestualizzazione di quanto sta accadendo ed è accaduto nel mondo può funzionare da bagno di umiltà, suggerire moderazione. In un momento in cui la belligeranza che circonda la crisi russo-ucraina si sta intensificando, non potrebbe essercene più bisogno.

L’operazione militare della Russia in Ucraina — un atto di aggressione e una guerra frutto di scelta, non di necessità — è atroce. Il presidente russo Vladimir Putin non sta solo portando avanti una guerra ingiustificabile, la sta conducendo in maniera brutale. Secondo le organizzazioni per i diritti umani l’esercito russo ha usato indiscriminatamente bombe a grappolo, ed è chiaro che sta prendendo di mira aree densamente popolate da civili.

Aiutare la popolazione sofferente dell’Ucraina e il suo esercito sorprendentemente efficace è moralmente giusto e, a mio avviso, strategicamente valido da fare. Ma l’aiuto offerto dall’amministrazione Biden all’Ucraina non è stato alimentato da imperativi morali. Gli Stati Uniti non sono un paese che guarda il mondo con gli occhi dell’altruista, ma uno Stato che, come ogni altro, persegue i propri interessi. Inoltre, seguendo l’obiettivo di essere l’unica superpotenza del mondo, ha agito spietatamente per decenni. Ecco perché gli Stati Uniti che dipingono il coinvolgimento a favore dell’Ucraina come una pura estensione del principio di difesa dello sfavorito non ha alcun senso.
Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti non hanno soltanto ignorato il principio di sovranità, ma l’hanno attivamente affrontato con campagne militari di bombardamenti indiscriminati, e appoggiando decine di colpi di Stato e brutali dittatori che hanno ucciso direttamente o indirettamente milioni di persone. Più di recente, gli Stati Uniti hanno occupato l’Afghanistan per quasi due decenni anche dopo la resa dei talebani, dove hanno fatto ricorso senza alcun monitoraggio a brutali attacchi aerei, hanno preso di mira i civili con attacchi di droni secondo la manovra “double tap” (che prevede due bombardamenti a distanza di 5–20 minuti, sullo stesso luogo, in modo da colpire chi presta i primi soccorsi) e stanno sottoponendo il paese a una stretta economica che ha gettato le basi per una terribile crisi umanitaria, provocando da gennaio la morte di circa 13mila bambini. Mentre i commentatori in Occidente descrivono gli assedi di Putin come medievali e condannano i bombardamenti a grappolo, gli Stati Uniti sostengono l’Arabia Saudita, che ha usato munizioni a grappolo americane contro lo Yemen e ne sta affamando la popolazione. Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno rifiutato di intervenire in molti genocidi in tutto il mondo.

La ragione principale per cui i politici americani sono così attenti al benessere dell’Ucraina e al bisogno di aiuto è perché la Russia è un enorme avversario degli Stati Uniti, potente e dotato di armi nucleari. Gli Stati Uniti sono preoccupati per l’instabilità e il precedente creato dall’invasione, in particolare nelle immediate vicinanze dei paesi della NATO. A causa del suo significato geopolitico — e del presupposto razziale secondo cui l’Europa non è una zona del mondo dove hanno luogo le guerre, a differenza di Medio Oriente o Asia centrale — i media si sono focalizzati con straordinaria intensità, e nel farlo hanno rimodellato la nostra coscienza nazionale.

Che una guerra che conta molto per il cuore degli interessi geopolitici degli Stati Uniti sia una grande notizia ha perfettamente senso. Quello che non ne consegue è che quella guerra elevi di per sé la sensibilità morale degli Stati Uniti. Stephen Wertheim, senior fellow dell’American Statecraft Program presso il Carnegie Endowment for International Peace, mi ha detto che gli Stati Uniti sembrano cogliere l’opportunità per annettere un pezzo di superiorità morale. “C’è il rischio reale che i leader americani usino quanto sta accadendo in Ucraina per reclamare una purezza morale che gli Stati Uniti hanno perso, a livello interno e internazionale, come risultato della guerra al terrorismo e delle operazioni militari post 11 settembre”, mi ha detto. “Questo tentativo prende la forma di ‘la Russia è un attore terribile’ — che è vero — e ‘di conseguenza gli Stati Uniti sono più virtuosi di quanto non fossero un mese fa’ — che è falso”.

Gli Stati Uniti non possono rifarsi un’immagine sfruttando le azioni ignobili di Putin. E più cercano di farlo, più cercano di cancellare ogni altro conflitto nella storia recente, più facile diventa andare in guerra. L’impulso a entrare in guerra aumenterà se l’intero paese si beve la propria moralizzazione propagandistica, se si convince che le azioni della Russia costituiscono una minaccia del tutto unica per l’umanità. La crescente pressione proveniente dal pubblico, dal Congresso e dai falchi della stampa potrebbe mettere sotto pressione l’amministrazione Biden, finora molto chiara nel voler evitare un intervento militare contro la Russia, per farla agire imprudentemente se la Russia ricorresse per esempio ad armi chimiche o colpisse accidentalmente un obiettivo NATO.

La coerenza nel descrivere il mondo getta le basi per un comportamento più attento: se la gente ricorda che la Russia è uno dei tanti attori che stanno facendo cose orribili a livello internazionale, allora la gente conterà fino a dieci prima di decidere quale azione intraprendere (da notare che non è necessario ignorare le differenze politiche e morali tra la Russia e gli altri paesi per rendersi conto che alcune delle azioni della Russia non sono uniche). Considerando che la posta in gioco è un possibile confronto tra le due maggiori potenze nucleari del mondo, pensare alla civiltà secondo una prospettiva a lungo termine in questo scenario è piuttosto importante.


Zeeshan AleemSono Zeeshan Aleem, un editorialista del canale televisivo MSNBC e l'autore di una newsletter di politica chiamata What's Left. I miei scritti sono stati pubblicati anche su The New York Times, The Guardian, The Atlantic, The Nation, Esquire, GQ, Politico, The Intercept, VICE, HuffPost, The Chicago Tribune, NBC News, The American Prospect, In These Times, GEN , Mic, Pacific Standard e altre pubblicazioni. In precedenza sono stato redattore o redattore dello staff di Vox, HuffPost, Mic e Politico. Ho lavorato come professore a contratto presso la New School e ho tenuto conferenze o moderato discussioni all'Università di Harvard, alla Columbia University e altrove nel mondo accademico. Sono nato a Washington, e ho studiato alla George Washington University, all'Università di Oxford e all'Università di Chicago.

 

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