Il Pride conta ancora perché resta molto lavoro da fare

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Sono passati cinquant’anni dalle rivolte di Stonewalld del giugno del 1969, e nonostante il riconoscimento dei loro diritti le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender  rimangono discriminate. In Italia la sessualità non conforme è ancora molto attaccata.

Da tempo ormai giugno è, tra le altre cose, il mese del Pride, e Google ha creato per questo motivo un doodle “in onore del Pride”: in molti paesi del mondo, in questo mese, si ricordano le rivolte di Stonewall del 1969 e si celebrano le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender, i loro diritti e il loro contributo alla società e al mondo. Il doodle di Google racconta anche la storia che comincia con Stonewall e i fatti del 1969.

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Una immagine storica del 1977 del Gay Pride a Bologna [ http://www.cassero.it/chi-siamo/storia/ ]

Oggi lo Stonewall Inn è il primo monumento nazionale americano legato alla comunità LGBT, per decisione di Barack Obama, ma concretamente è un locale di New York, nel quartiere di Greenwich, storicamente frequentato soprattutto da uomini gay, oltre ad alcuni transgender e alcune donne lesbiche. Nelle prime ore del 28 giugno 1969 alcuni poliziotti fecero irruzione con un pretesto, come spesso accadeva in quegli anni, e cominciarono a maltrattare i clienti e distruggere gli oggetti in giro; i clienti però per la prima volta si opposero insieme, reagirono alle minacce e all’arresto e misero in difficoltà gli agenti, sorpresi dalla reazione. Nel frattempo una folla si radunò fuori dal locale: dopo aver visto la polizia che picchiava alcuni clienti, ci furono urla e le urla diventarono scontri. Le rivolte e gli scontri proseguirono per cinque notti, tra migliaia di persone. Quando terminarono, in breve tempo prese slancio un movimento per i diritti dei gay la cui manifestazione più ricorrente, festosa e visibile sarebbero state le parate note come Pride o Gay Pride.

Sono passati cinquant’anni dal giugno del 1969, e il riconoscimento dei diritti delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender ha fatto nel frattempo grandissimi progressi in tantissimi paesi del mondo. Anche per questo molte persone cominciano in questo periodo a chiedersi se abbia (ancora) senso l’organizzazione di parate come i Pride, soprattutto nei paesi dove teoricamente sono stati riconosciuti pari diritti a tutti e a tutte le persone a prescindere dal loro orientamento sessuale: e si sentono anche frasi come “è solo una carnevalata”, “siete voi che vi ghettizzate”, “allora facciamo anche l’etero Pride”, “avete tutto”.

 

Negli ultimi anni molti hanno espresso disappunto anche per le modalità dei Pride, che si sono evoluti in spettacoli, anche con importanti sponsorizzazioni commerciali.

Queste critiche provengono molto spesso da persone che non capiscono che cosa sia tutta questa faccenda del “Pride”, a cominciare dal significato della parola in inglese: l’Orgoglio.

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Il sindaco di Milano Beppe Sala al Gay Pride, 24 giugno 2017 (LaPresse - Mourad Balti Touati)

La prima e più banale risposta sull’opportunità di organizzare oggi il Pride ha a che fare con il semplice fatto che un diritto non è mai conquistato per sempre, e che comunque con la legge si può arrivare solo fino a un certo punto. Il Pride, dunque, conta ancora perché resta molto lavoro da fare: se in Italia per esempio oggi le persone omosessuali si possono unire civilmente con diritti simili a quelli del matrimonio (ma non si chiama matrimonio e non permette le adozioni, né è stata approvata una legge contro l’omofobia), l’espressione sessuale delle soggettività cosiddette non conformi è ancora molto attaccata. Il Pride non riguarda solo diritti e libertà legislative, ma anche libertà sociali e culturali che spesso non vanno alla pari con la legge.

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