«Strappiamo il biotestamento dalle mani della politica»

Lo dichiara Arianna Censi vicesindaca di Milano città metropolitana. Da mesi tutto gira intorno a un decreto applicativo atteso da mesi, ma che il governo sembra non avere la volontà di emanare, malgrado le dichiarazioni roboanti. Decreto che dovrebbe dar vita al tanto atteso registro che raccoglie le Dat e renderle così consultabili ai medici degli ospedali italiani. Milano città metropolitana ne ha fatto argomento di una tavola rotonda e la vice sindaca Arianna Censi ci spiega il perché.

A tavola con Arianna Censi la cucina mi piace mi rilassaArianna Censi è vicesindaco della Città metropolitana di Milano
 
Diciamolo subito che l’Italia e l’Irlanda sono in ordine cronologico, i due ultimi paesi dell’Occidente ad avere una legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat), dette anche testamento biologico o biotestamento. 
Eppure, fare testamento biologico in Italia, a più di un anno dall’approvazione della legge sul fine vita, vuol dire trovarsi in un caos di risposte vaghe, in un viaggio pieno di ostacoli grotteschi. Da Roma fino ad Avellino, ogni Comune dispiega una diversa procedura, tanto che esprimere le proprie volontà, in assenza di una banca dati nazionale, può risultare inutile.
 
Pertanto meriterebbe un plauso Arianna Censi vicesindaco della Città metropolitana di Milano, che ha organizzato una tavola rotonda sul tema “Il testamento biologico: etica, normativa e religioni”.
L'intenzione è di dare un contributo sostanziale all'applicazione della legge nella città metropolitana italiana più importante, nella speranza che gli altri comuni ne seguano l'esempio. 
Beninteso, il tema è uno di quelli particolarmente delicati, perché attraversa la sfera più intima dell’animo umano: il bene vita e la sua tutela, la salute, la dignità dell’essere, l’autodeterminazione e la morte.
 
La Legge 219 è un punto d’arrivo o un punto di partenza? Lo chiedo ad Arianna Censi.
 «Io credo che sia un punto di partenza», risponde la vicesindaca Censi, «Il rischio era di rimanere bloccati, e rimanere fermi è sempre una cosa sbagliata. In fondo l’iniziativa che ospitiamo a palazzo Isimbardi oggi fa esattamente questo, cioè affronta il tema dal punto di vista etico e normativo, dando però voce anche alle ragioni che sono portate da coloro che non sentono di condividere questo atto legislativo. Intorno al tavolo organizzato da Città metropolitana si confrontano medici, e rappresentanti delle Chiese, compiendo un’operazione di assoluto rispetto delle scelte individuali. Io penso che il testamento biologico sia un tema di civiltà, non è solo e tanto un tema di diritti in senso stretto. Il momento della morte, del dolore, della malattia, della sua profonda intimità… del suo profondo mistero, attiene alle scelte che lucidamente ognuno di noi fa e che devono essere rispettate, condivise e agevolate, perché è una scelta complicata, difficile e dolorosa, per sé e per le persone che ci amano e che amiamo.»

 

La legge italiana sul testamento biologico è di difficile interpretazione. Più di uno lo chiama “il testamento all'italiana”, ossia un provvedimento legislativo che rispecchia il complicato schema burocratico vigente nel Belpaese, quasi una sorta di “marchio di fabbrica” che ci portiamo addosso. Inoltre, a oggi siamo ancora in attesa del via libera del ministero della Salute. Insomma c'è la sensazione, quasi la certezza che a questa legge sia stato messo un freno. Condivide?

 

«Certamente, non c’è dubbio. Così come non c’è dubbio che abbiamo un governo che cerca di trovare la propria legittimazione giocando sull’esasperazione delle paure e dei timori, brandendo bandiere di pericolosità inesistenti. Come affrontarlo? Approfondendo, relazionandosi con tutti coloro che s’interrogano. Noi non torneremo indietro, possiamo soltanto guardare avanti. Sul testamento biologico penso sia necessario rasserenare le menti e ci si rasserena soltanto se si approfondisce, se si conoscono le necessità ineludibili, se si affrontano i dubbi. Perché su un tema che riguarda la vita e la morte, i dubbi sono tutti legittimi e forse una risposta buona per tutti non c’è. E dunque, attivare tutti i supporti per aiutare chi si trova in una condizione di così grave impedimento è un fatto importante. Ognuno deve avere i supporti per fare la scelta giusta… giusta per sé, non per il resto del mondo. Perché talvolta ci troviamo nella condizione in cui la nostra lucidità non ci permette di fare la scelta giusta, quale che essa sia. Approfondire, discutere, togliere dall’agone del consenso politico una questione così intima e delicata, così legata ai profondi misteri dell’esistenza, è doveroso, soprattutto se l’impianto burocratico e normativo rende impossibile, per chi non ha le competenze, o difficile, per coloro che le competenze le hanno, l’approccio al tema.».

 

Il Parlamento tedesco ha approvato, alla fine del 2015, una modifica al codice penale per regolare il suicidio assistito. La soluzione scelta dal legislatore è stata quella di prevedere un disposto molto generico, secondo il quale è penalmente punibile chi offre “professionalmente” un supporto alla volontà suicida, esonerando chi agisce nei confronti di una persona cui è legato da vincoli di parentela o amicizia. Insomma in Germania la religione non s'è messa di traverso. E in Italia cosa è accaduto invece?

 

«Ho un tale rispetto della libertà delle persone, la libertà consapevole, che credo che uno Stato laico come il nostro, con una civiltà giuridico-amministrativa molto profonda, molto importante, non possa sottrarsi al completamento di questo percorso. Le leggi sono lo strumento per regolare i rapporti, le pratiche e le procedure; ma sui temi che attengono le libertà individuali, la legge deve solo dare lo strumento affinché queste possano esprimersi pienamente, senza che possa intervenire un giudizio morale di Stato. Stiamo invece parlando di una libertà individuale, la cui potenza dev’essere solo assecondata.».

 

Milano si dimostra con questa iniziativa da lei presieduta, ancora una volta, attenta alle tematiche legate ai diritti e alle libertà. Ma su un tema strettamente interconnesso alla fede come questo legato alla morte, lei teme un ostruzionismo feroce da parte dei movimenti come Comunione e Liberazione per non dire dell'Opus Dei?

 

«Non lo so, francamente non m’interessa più di tanto! Nel senso che noi sentiamo la necessità assoluta di aprire un confronto su questo tema.. È bene confrontarsi, perché talvolta la superficialità è la migliore amica della restaurazione di un pensiero conservatore e retrogrado. Approfondire e studiare aiutano ad aprire la mente e a rendersi disponibili al miglioramento dello stare insieme. Particolare importante, il tema del testamento biologico riguarda la relazione con sé stessi e le persone che amiamo ed è talmente delicato che quando una decisione è presa nessuno ci si può opporre. Le battaglie finora combattute rappresentano l’immolazione di un passaggio doloroso e difficile perché il nostro Paese diventasse più giusto. Quindi sì all’approfondimento e sì all’appianamento di tutte le forme d’integralismo mentale.».

censi copy

I relatori alla tavola rotonda sul tema “Il testamento biologico: etica, normativa e religioni” organizzata da Milano città metropolitana

 

Il Partito Democratico e la sinistra in generale, in fatto di biotestamento per non dire di eutanasia da che parte stanno?

 

«Sta sopra e sta oltre. Questi temi sono pre-condizioni per tutti e tutto. Il Partito Democratico per sua natura fa del riconoscimento della libertà e dei diritti un elemento fondativo della sua esistenza. Pur nel rispetto delle posizioni di ciascuno, abbiamo sempre cercato di affrontare la delicata questione dei diritti civili e, secondo me, Nicola Zingaretti è l’uomo adatto a raccogliere in un’unica voce le varie istanze. L’approfondimento e il confronto sono essenziali, ma poi occorre il coraggio di arrivare a una decisione. Non è un caso che alcune delle scelte sui diritti civili siano state ottenute dal Partito Democratico al governo… con tutte le difficoltà note a tutti. Nel pensiero democratico oggi la presenza delle donne è determinante. Io sono convinta che i grandi cambiamenti che avverranno da qui in avanti saranno generati dalla potenza della forza delle donne, che da sempre hanno fatto delle libertà e dei diritti civili una bandiera. Su quest’ultimo punto sono profondamente ottimista.».


manifesto palazzo isimbardi

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Luca Manduca
È nato a Catania nel 1974. Maestro d'arte e grafico pubblicitario, laureato in giurisprudenza, tutor di diritto e economia, conciliatore. Attualmente vive a Milano, collabora col Centro Studi Berlin89 e scrive per la testata giornalistica Berlin'89.
Autore del libro "Una sana ossessione - Tra gli eroi, i luoghi e gli incanti di Chiamami col tuo nome - (Cavinato Editore)
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