Sul riciclo dei rifiuti Milano metropolitana irrompe alla grande

La Città metropolitana di Milano afferma il suo ruolo e rompe il fronte del mutismo sulle norme end-of-waste per il riciclo dei rifiuti. In modo forte e chiaro scrive al ministero dell’Ambiente che dopo un anno di silenzio e di risposte vaghe sarà lei, la Città metropolitana, ad autorizzare gli impianti di produzione di metano dagli scarti.

È tema caldissimo, che sta tenendo bloccate decine di progetti di riciclo e oltretutto sta aiutando la parte più opaca del settore dei rifiuti, che trovano destinazioni equivoche e finiscono in capannoni abbandonati, invece di essere rigenerati. Scarti come plastica e carta raccolti da aziende e cittadini, come dell'edilizia e riutilizzabili, e scarti organici da far fermentare per produrre gas oppure concime di qualità e mille altri prodotti. 

      La sfida di Milano                                          
1998 Stemma CittaMetropolitanaMilano web.png 87010754Nei giorni scorsi il direttore ambiente della Città metropolitana di Milano, Emilio De Vita, ha mandato ai ministeri dell’Ambiente (Mariano Grillo) e dello Sviluppo economico (Elda Fiorillo) una lettera formale destinata anche a chiarire ruoli e attività, diritti e doveri degli organismi riconosciuti . Ecco il passo finale della lettera ai ministeri.

«In conclusione, si informa che gli uffici, per quanto riguarda le autorizzazioni relative alla produzione di biometano, attualmente sospese, salvo diverso avviso da parte di codesti Ministeri che si richiede di comunicare tempestivamente, intendono sbloccarle e nel contempo istruire le nuove istanze degli operatori, sia per attuare gli obiettivi dell'economia circolare e della gerarchia dei rifiuti sia per evitare il rischio di contenziosi e istanze risarcitorie che potrebbero rivelarsi fondate.
«Tutti gli altri procedimenti relativi a istanze per processi di recupero diversi dal biometano restano sospesi in attesa del pronunciamento dei Ministeri come su esplicitato, con conseguente rischio per l'interesse alla tutela dell'affidamento degli operatori economici e, ancor più grave, per l’interesse ambientale in quanto tale stallo determina un freno all’implementazione del recupero del rifiuto e dei processi di EOW, in contrasto con la gerarchia dei rifiuti delineata dalla Direttiva 2008/98/CE».

     Una sentenza bloccatutto                            
Un anno fa (era il febbraio 2018) il Consiglio di Stato aveva risposto con una sentenza ad un contenzioso sulla Regione del Veneto per un innovativo impianto di ricupero e riciclo dei pannolini usati realizzato a Spresiano (Treviso) dalla Fater insieme con Procter&Gamble e con la società di servizi ambientali Contarina.

impianto riciclo pannoliniVisitatori in coda da tutto il mondo per studiare come "questi italiani" fossero riusciti nell’impresa di riciclare qualcosa di veramente difficile per qualsiasi sistema di ricupero, i pannolini, proprio loro.

Ma ecco il problema. L’autorizzazione era stata rilasciata dalla Regione fra mille dubbi: può una Regione dare l’autorizzazione a questo tipo di impianto?

Così la genialità italiana del fare si scontra ed esce sconfitta dalla stupidità del disfare che passa attraverso i ricorsi, le regole sulle regole, le norme puntigliose, le autorizzazioni, i permessi, le sentenze, gli uffici legali.

In sovrappiù, il ministero dell’Ambiente ha più volte tentato di rimettere le mani su mercato in sviluppo cercando di creare una norma end-of-waste che ha inserito regole e regolette per fermare e controllare un’evidenza: i prodotti sono prodotti.

Cosa d'altra parte facile e semplice da comprendere. Se un prodotto è un prodotto, se è quotato alla Borsa merci o sui listini prezzi, se è oggetto di scambi e compravendite, allora non è un rifiuto.

Ma quello che sembra ovvietà non vale per le procure e le istituzioni, che non sanno intervenire sulla filiera ma sono accecati dai rifiuti e sanzionano e vietano.

L’istituzione Città metropolitana di Milano ricorda che nessuno ha il coraggio di autorizzare alcun impianto e informa i due ministeri che si prende la responsabilità di autorizzare gli impianti di biometano

Il motivo dell’autorizzazione è semplice. In un'Italia reale sarebbe un motivo addirittura ovvio. Infatti il metano è già regolato da decenni di norme dettagliatissime, e quello estratto dalla fermentazione dei rifiuti non è diverso dal metano estratto dalla fermentazione avvenuta nelle profondità dei giacimenti.
Il metano è un prodotto, non un rifiuto, e quindi la Città metropolitana ne autorizza gli impianti.

 

 

Dovrebbero fare lo stesso innumerevoli altri enti, Regioni, e Province. Compresa la Sicilia per dare il via libera al carburante dell’Eni ricavato a Gela dai rifiuti.

 Come, sollecitata dall'ovvietà, afferma la sottosegretaria leghista all’Ambiente Vannia Gava:

«Non si può fermare il vento con le mani: quella del biometano è una rivoluzione epocale, destinata a disegnare nuovi scenari energetici e di sostenibilità, che non può essere fermata da vincoli burocratici. La decisione della Città Metropolitana di Milano va nella direzione della modernità e dell’ambiente intelligente.».

 

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Mai riuscito a rispondere compiutamente alle uniche importanti domande della vita: “quanto costa?”, “quanto ci guadagno?”. Quindi “so e non so perché lo faccio …” ma lo devo fare perché sono curioso. Assecondami.

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