Nei mattatoi i tedeschi riscoprono l'orrore

Il più grave focolaio da Covid-19 in Germania è scoppiato nel più grande macello del Paese, Tönnies a Rheda-Wiedenbrück in Renania settentrionale Vestfalia da dove con la pandemia è emerso un sistema di sfruttamento industriale con i lavoratori trattati come schiavi. Chi è il "barone" della carne Clemens Tönnies additato dai sindacalisti per le pessime condizioni di lavoro, dagli animalisti per il cattivo trattamento del bestiame, dagli ambientalisti per l’alto tasso di inquinamento, dai salutisti per la bassa qualità dei prodotti alimentari venduti a prezzi stracciatissimi. I"lavoratori provenienti dall’Est Europa dormono in un’unica stanza e in sessanta dividono bagno e cucina", in quello che il quotidiano di Monaco Süddeutsche Zeitung definisce "Uno Stato nello Stato".

di Lina Verschwele

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Già dopo qualche minuto arriva il primo messaggio Whatsapp proveniente da un uomo che qui chiamiamo Marius Popescu*. La SZ ha chiesto su di un gruppo Facebook di rumeni del Nord Reno-Westfalia, se qualcuno aveva voglia di parlare delle condizioni lavorative nel settore della macellazione. Dal 2015 Popescu ha sempre lavorato per Tönnies, fino a quando circa tre settimane fa è stato messo in quarantena. La grande fabbrica per la lavorazione della carne ora è finita al centro dell'attenzione, dopo che più di 1.000 lavoratori sono risultati positivi al Covid-19.

 Popescu parla con calma e tranquillità. Non è che nel settore della carne tutto faccia così schifo, dice. Ma molto di quello che ci racconta, tuttavia, spiega anche perché ormai non ci sia quasi più nessuno disposto a lavorare nei macelli.

 Popescu ha iniziato confezionando la carne per Tonnies, poi è passato al taglio. Ci racconta di circa 200 ore di lavoro mensili e di alloggi in cui prima della pandemia da tre a sette persone condividevano una stanza. Ma non sembra esserne particolarmente scioccato. "Certo il lavoro è duro".
Popescu è stato nell’esercito, ma lui non ricorda che fosse così difficile. Lavorava forse un decimo rispetto a quello che fa ora da Tönnies.
All'inizio non pensava che ce l'avrebbe fatta - la macellazione industriale gli sembrava troppo brutale. Considera il suo lavoro da Tönnies come un possibile trampolino per qualcosa di meglio. Grazie a questo lavoro vorrebbe trovare qualcos’altro da fare in Germania, possibilmente in un altro settore.
 
 Popescu sembra essere davvero stupito solo da un argomento. Circa sei settimane fà, infatti, lui e sua moglie erano già stati testati per il Coronavius. In seguito sono anche tornati a lavoro. Ma solo due settimane dopo gli sono stati comunicati i risultati: la moglie di Popescu era positiva. Non riesce a capire perché ci sia voluto così tanto tempo per l'analisi. Né può capire perché dopo di allora non ci siano stati altri test, né alcuna informazione.
Il giorno dopo lui, sua moglie e l'intero turno sono stati mandati in quarantena.
Da allora, nessuno lo ha più contattato. Anche altri lavoratori hanno riferito alla SZ che da Tönnies, già da diverso tempo, c'erano dei casi individuali di coronavirus.
 
 Dopo Marius Popescu, altri lavoratori hanno voluto parlare con la SZ, la maggior parte di loro sono sconvolti.
Andrei Amariei* scrive che vorrebbe mettere in guardia la gente dallo sfruttamento tipico dei macelli come Tönnies.
Amariei nel frattempo è uscito dal settore. Dal 2015 al 2019 ha confezionato carne in Germania, per lo più da Tönnies a Rheda-Wiedenbrück.
Ora vive di nuovo in Romania ed è felice, lo racconta in una telefonata su Facetime.
La lista delle sue accuse contro Tönnies è lunga. All'inizio lo hanno fatto lavorare per sette settimane senza un giorno di riposo - e sempre di notte, poiché  aveva urgente bisogno di soldi.
Ma anche gli altri lavoratori spesso ottenevano un solo giorno libero ogni tre settimane. Anche il suo datore di lavoro, come nel caso di Marius Popescu, un subappaltatore intermediario, truffava sui salari.
Quando Amariei ha lasciato l'alloggio aziendale, il subappaltatore gli ha comunque detratto l'affitto.
Se passavano del tempo a pulire il posto di lavoro, non veniva considerato come orario di lavoro.
Amariei segnala anche "errori" in busta paga, sempre in favore del datore di lavoro. Regolarmente venivano a mancare delle ore, anche se le ore di lavoro effettive erano registrate con la scansione delle impronte digitali al momento dell’ingresso.
"Chi si lamentava non veniva più considerato necessario", dice Amariei.
Alle domande, risponde sorridendo imbarazzato, come se lui stesso fosse sorpreso di essere rimasto intrappolato in un sistema del genere.
Definisce Tönnies uno "stato nello stato". Anche la Cancelliera Merkel non riuscirebbe ad entrare, se non ci fosse qualcuno a farla passare.
In realtà, non gli è permesso di riferire nulla sulle condizioni di lavoro presso Tönnies, è scritto nel contratto di lavoro con il suo subappaltatore.

* I nomi dei dipendenti sono stati cambiati.

 Che faccia ha il "barone" della carne Clemens Tönnies

Fonte: Süddeutsche Zeitung è uno dei più importanti quotidiani tedeschi. Viene stampato a Monaco di Baviera dal 1945 ed è vicino alle posizioni dei liberali ma con grande attenzione ai temi sociali. Vende circa 370.000 copie al giorno.

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