L'Instex dimostra agli iraniani che gli europei non sono allineati con Trump

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Dopo le sanzioni di Trump contro l'Iran c’era il rischio concreto che il paese degli Ayatollah abbandonasse il compromesso indebolito e riprendesse la sua marcia verso l’atomica. I firmatari europei dell’accordo – Francia, Regno Unito, Germania e commissione europea – hanno convinto Teheran a non compiere l’irreparabile e hanno promesso di fare tutto il possibile per tenere aperti i flussi commerciali con l’Iran.

iranLe sanzioni americane costringono alla fame gli iraniani che proprio in questi giorni stanno celbrando i 40 anni della cacciata dello scià e  la vittoria della rivoluzione di Khomeini.

 

L' Unione europea ha annunciato il 31 gennaio l'istituzione dello Special Purpose Vehicle (Spv), lo strumento finanziario che, sulla carta, dovrebbe permettere alle imprese comunitarie di continuare a fare affari «in modo legittimo» con l'Iran nonostante le sanzioni statunitensi, come previsto dall'accordo sul nucleare del 2015 (Joint Comprehensive Plan of Action, Jcpoa). Questo strumento si chiamerà Instex (Instrument In Support Of Trade Exchanges) (Strumento di Supporto agli Scambi Commerciali) come sistema alternativo di pagamento in modo che le imprese europee possano concludere affari con l’Iran.

In sostanza, il nuovo ente fungerà da intermediario tra le aziende e l'Iran. Come ha scritto Al Jazeera a settembre, «se gli italiani vorranno comprare del petrolio iraniano, trasferiranno i soldi [a Instex], che si occuperà delle transazioni finanziarie, e viceversa. Non ci sarà coinvolgimento di banche commerciali né di banche centrali, entrambe terrorizzate dalla prospettiva di ritorsioni da parte degli Stati Uniti». L'Instex sarà pienamente operativo per gli affari entro uno o due mesi. Inizialmente, sarà utilizzato per il commercio di cibo, farmaci e dispositivi medici. In seguito, se si dimostrerà efficace, verrà esteso ad altri beni.

 L'Instex è un meccanismo complicato, registrato in Francia e diretto da un banchiere tedesco, con azionisti dei tre paesi europei firmatari dell’accordo sul nucleare iraniano: Francia, Germania e Regno Unito. E’ stato un parto difficile durato otto mesi perché nessun paese voleva assumersi i diritti di paternità per timore di rappresaglie statunitensi. In effetti gli Stati Uniti hanno minacciato di distruggerlo prima che nascesse.

Anche se altri paesi usano sanzioni economiche come armi in dispute internazionali, gli Stati Uniti sono il solo paese che impone sanzioni contro cittadini e istituzioni di paesi terzi. Il governo degli Stati Uniti usa l'arma del dollaro quale moneta internazionale di riserva e il ruolo centrale di banche e istituzioni statunitensi nel sistema finanziario internazionale per mettere le imprese di paesi terzi di fronte a un’insidiosa scelta alternativa: tagliare i rapporti commerciali con l’Iran (o la Russia, la Corea del Nord, la Turchia, eccetera) oppure perdere gli affari più redditizi con gli Stati Uniti e rischiare pene finanziarie in tribunali statunitensi. Per la maggior parte delle imprese la scelta è chiara.

L’economia iraniana è stata devastata con dozzine di imprese europee che hanno abbandonato accordi commerciali e investimenti che erano ripresi dopo la firma dell’accordo sul nucleare. Non sono solo le imprese europee ma anche la Cina. Il 20 dicembre la Banca cinese di Kunlun, che sin qui ha elaborato la maggior parte dei pagamenti cinesi per il petrolio iraniano, ha annunciato che si adeguerà interamente alle sanzioni statunitensi e smetterà di elaborare i pagamenti quando la sua attuale esenzione dalle sanzioni scadrà a fine aprile. La banca, la cui maggioranza è di proprietà della Società Petrolifera Nazionale Cinese (CNPC) sembra dare priorità ai suoi affari con gli Stati Uniti rispetto alle sue relazioni con l’Iran.

D’altro canto la CNPC ha sborsato un miliardo di dollari per acquisire la quota della Total di un contratto per sviluppare il giacimento di gas naturale iraniano Pars Sud, il più vasto al mondo, dopo che la società francese ha ceduto alle sanzioni statunitensi. Come in altre aree delle relazioni USA-Cina, la Cina sta chiaramente prendendo decisioni calcolate e sfumate su come reagire al regime delle sanzioni statunitensi.

 Intanto per gli iraniani la recente inclusione della Parsian Bank nella lista delle cinquanta banche iraniane sottoposte alle sanzioni statunitensi è stata particolarmente devastante. La Parsian Bank, la più grande banca del settore privato in Iran aveva gestito i pagamenti della maggior parte delle importazioni di cibo, medicinali e altre forniture umanitarie all’Iran. Queste merci sono ufficialmente esenti dalle sanzioni statunitensi, ma il Washington Post ha scritto il 17 novembre che l’iniziativa statunitense contro la Parsian Bank stava già “soffocando le importazioni di medicinali”.

Infatti il ministro iraniano degli esteri Zarif ha pubblicato su Twitter quattro lettere da compagnie farmaceutiche europee che annunciavano che avrebbero terminato le loro attività in Iran. L’Iran ha una vasta industria farmaceutica, ma molte delle materie prime sono importate. Una donna di Teheran ha detto al Washington Post che il farmaco di suo padre per la degenerazione maculare – della Bausch & Lomb in Canada – era già diventato difficile da trovare e che il prezzo era salito da 7 a 70 dollari.

Benché le sanzioni colpiscano la gente comune, i dirigenti statunitensi affermano che sono mirate a costringere il governo iraniano a tornare al tavolo per negoziare un accordo che vieti per sempre le armi nucleari, ponga fine a suo programma missilistico balistico e al suo sostegno a gruppi armati quali Hezbollah in Libano e gli Houthi in Yemen.

Questa vittoria di breve termine di Donald Trump, tuttavia, non sta creando i presupposti per nuovi negoziati o provocare il collasso del governo che proprio in questi giorni sta celebrando i quarat'anni della caiiata della Scià e della vittoria della rivoluzione di Khomeini. Tuttavia sta contribuendo a una crescente frustrazione internazionale per il fatto che gli USA possano usare il potere del dollaro e dei loro sistemi finanziari e giudiziari per imporre alle imprese di altri paesi dove possono e con chi non possono fare affari.

Come ha dichiarato a Business Week l’economista Jeffrey Sachs: “Europa e Cina hanno le banche con tutto il potere di togliere al dollaro il suo ruolo di moneta indispensabile per gli scambi economici di livello internazione”. Infatti, già 87 paesi, compresi molti tradizionali alleati degli Stati Uniti, hanno aderito alla Asian Infrastructure Investment Bank a guida cinese, che opera indipendentemente dal sistema finanziario basato sul dollaro.

 Pertanto il nuovo meccanismo dell’Europa (Instex) per aggirare le sanzioni statunitensi può funzionare o no, ma il trauma provocato a livello internazionale delle sanzioni statunitensi contro l’Iran e le altre nazioni ( Russia, Corea del Nord, Turchia...) sta certamente avvicinando il giorno nel quale un nuovo sistema finanziario multipolare capace di togliere al dollaro il suo potere assoluto di controllo dell'economia internazionale. che nessun paese possa usare come strumento illegittimo di potere imperiale. Se tutto questo dovesse accadere, gli Stati Uniti dovranno inventarsi altre strategie per mantenere la loro egemonia militare e soprattutto economica. Per molto meno, nel secolo scorso era scoppiata la guerra mondiale.

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Vincenzo Maddaloni
Vincenzo Maddaloni ha fondato e presiede il Centro Studi Berlin89, l'associazione nata nel 2018, che si propone di ripercorrere analizzandoli i grandi fatti del mondo prima e dopo la caduta del Muro di Berlino. Professionista dal 1961 (per un decennio e passa il più giovane giornalista italiano), come inviato speciale è stato testimone in molti luoghi che hanno fatto la storia del XX secolo. E’ stato corrispondente a Varsavia negli anni di Lech Wałęsa (leader di Solidarność) ed a Mosca durante l'èra di Michail Gorbačëv. Ha diretto il settimanale Il Borghese allontanandolo radicalmente dalle storiche posizioni di destra. Infatti, poco dopo è stato rimosso dalla direzione dello storico settimanale fondato da Leo Longanesi. È stato con Giulietto Chiesa tra i membri fondatori del World Political Forum presieduto da Michail Gorbačëv. È il direttore responsabile di Berlin89, rivista del Centro Studi Berlin89.
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