Tremate, tremate le Streghe son filmate sul Muro di Berlino

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Berlino alla fine degli anni Settanta ancora con il Muro che segava in due la città e la vita dei suoi abitanti è intensamente rivissuta in "Suspiria" il film di Luca Guadagnino.

Streghe Guadagnino

A trent’anni dalla caduta del Muro un dato di fatto è unanimemente condivisibile: i tedeschi sanno dare un gran valore al ricordo. E non mi riferisco alle reminiscenze personali della gente ma a una grande e unica Memoria Collettiva. 

Chi cammina lungo le strade di Berlino ha memoria di certi luoghi perché li conosce (anche) per merito del cinema. I film rendono familiari persone e dettagli mai vissuti in prima persona, eppure il cinema è in grado di annientare distanze e tempo, di ribaltare le dimensioni e di causarne di nuove, di portare il cielo in terra e viceversa.

Infatti, nel film Suspiria di Luca Guadagnino sono state le chiacchiere di una comitiva di ragazze, residenti in una scuola di danza stregata,

 a far cantare l’immagine di una Berlino fine anni ‘70. Una compagnia di ballerine commenta, all’interno di un edificio rigoroso e grandioso, ubicato vicino al Muro, la vita di una Berlino disgraziata. Perché è così impattante il giudizio di queste ragazze? Perché non sono meri vaniloqui spassionati, perché quelle frasi sono pronunciate nel mezzo di una sala cinematografica durante la proiezione di Suspiria e, quindi, qualcosa di soprannaturale deve accadere per forza. E, infatti, Suspiria di Luca Guadagnino non racconta di comuni ballerine di una qualsivoglia scuola, impegnate in esercizi come il plié, il ronde de jambe o la pirouette, ma dice di stare in guardia perché… le streghe son tornate.

Le scene sono ambientate nella Berlino del 1977 e la scuola è una prestigiosa accademia di danza presso la quale arriva una giovanissima ballerina americana (Dakota Johnson), interprete di una coreografia che nel corso del film si evolve in rito sabbatico. Le inquietanti chiacchiere delle allieve precedono presenze oscure, irrazionali sparizioni, segreti diabolici, violenze e stregonerie. Il film avanza, per più di due ore e mezza, seguendo un percorso emozionale che tratteggia un profilo simile a quello di una catena montuosa. Guadagnino, con questa sua maniera, educa all’assaggio e prepara il pubblico per le scene al cardiopalma.

È risaputo che la scuola di ballo di Suspiria sia dedita sommessamente al culto della magia nera. Tilda Swinton (la Madame Blanc by Guadagnino) ha raccontato che per il suo personaggio si è ispirata alla coreografa Mary Wigman, la pioniera, nella Germania tra le due guerre, della cosiddetta “danza libera esistenziale” e la cui creazione più celebre è la Hexentanz (danza delle streghe). Dato, questo, che rileva, anche grazie alla colonna sonora realizzata da Thom Yorke (frontman dei Radiohead), le atmosfere cupe e inquietanti di una Berlino filmica dai colori tenui, che cela la presenza di una potente setta di streghe sulla quale aleggia lo spirito terrificante e maligno della Mater Suspiriorum.

streghe guadagnino21Mater Suspiriorum? Sì, proprio lei, una delle spaventose Tre Madri. Chi è cresciuto a pane e Dario Argento sa bene a cosa si riferisca il presente articolo: pieni pomeriggi adolescenziali trascorsi sul divano deformato dalle pose di un gruppo di ragazzini col culto dell’horror made in Italy, gambe all’aria, cuscini dispersi qua e là, popcorn, patatine, bibite gassate; ogni tanto nella camera scura, ricavata abbassando completamente le serrande, osava affacciarsi alla porta un genitore (solitamente la mamma), che prontamente era cacciato via malamente con un “Chiudiiiiii!”. Era la fine degli anni ‘80 e i film di Dario Argento erano già dei cult.

Non è difficile immaginare il giovanissimo Luca Guadagnino parcheggiato nella sua cameretta, illuminato dal fascio di luce del tubo catodico, mentre le immagini di Suspriria del 1977, regalategli dalla cassetta noleggiata e infilata nel videoregistratore, inculcavano nella sua testa chissà quali idee sul supposto confine tra realtà e magia.

Negli ultimi mesi quelle idee guadagninee hanno riportato Berlino alla fine degli anni ‘70, ossia nel momento storico in cui persisteva un confine non immaginario ma tangibile e orribile, che segava letteralmente e simbolicamente in due la città e la vita dei suoi abitanti.

Chi già conosce la Berlino di oggi dopo Suspiria del regista di Call me by your name faticherà a immaginare questa città con colori e spirito dissimili. Eppure chi vive la Storia con consapevolezza sa che da quel 9 novembre 1989 un mondo è stato ribaltato e, tutto sommato, nemmeno un’era geologica è trascorsa da allora.

L’attesa per Suspiria di Luca Guadagnino ha covato tra gli ammiratori delle opere del regista in questione per mesi, e dal primo dell’anno è nelle sale cinematografiche italiane, mentre all’estero è già ben noto. Una ragione c’è di tanta attesa, perché per intercessione di certe pellicole (e dell’arte in generale) un ventenne può assorbire la memoria appartenente al tempo in cui non era nato, perché non occorre avere un’età prossima al secolo per maturare la consapevolezza della Memoria Collettiva, soprattutto quella che rivela gli eventi del XX secolo. Spesso il cinema racconta la Storia indelebile e comune a tutta l’umanità, però parla anche di piccole vicende i cui protagonisti e luoghi s’impastano con quelli davvero vissuti dallo spettatore. È magia anche questa, in fondo.

La magia del cinema e, precisamente, la magia di Suspiria, conduce lo spettatore, ma con una predisposizione meno ludica, a Berlino. Quando Christiane F. stava sragionando su un gruppo di ragazzi allo zoo, tutto intorno si svolgeva una Berlino discordante da quella che si può ammirare da dietro gli scaffali della Dussmann das KulturKaufhaus, il grande “Magazzino della Cultura” in Friedrichstraße 90, dai quali ripiani è facile recuperare libri che illustrano Berlino alla fine dell’800. Per strada c’è la Berlino di oggi, nelle pagine patinate la Berlino di un tempo lontano, in Suspiria la Berlino del Muro (ossia di un tempo non così tanto remoto).

  Berlino quante anime ha avuto? E quante altre anime cambierà?

La metamorfosi è probabilmente una caratteristica propria delle grandi città, oltre che delle streghe. Berlino, la metropoli in cui sopra e sotto l’asfalto sono presenti le tracce della strage mondiale più recente, a differenza di altre capitali è quella che più dà l’impressione di assomigliare a un libro, però con molte pagine bianche in mezzo. 

La bravura di Luca Guadagnino di maneggiare magistralmente gli ambienti e tornare indietro nel tempo è indubbia. Il suo Suspiria è ambientato nella Berlino del 1977. Un periodo a caso? No, perché l’omaggio al film di Dario Argento (uscito, appunto, nel ‘77) non è l’unico pretesto che ha portato Guadagnino a prediligere il frammento temporale a cavallo (non di una scopa ma…) tra il sorgere e il crollo del Muro.

Tra il 1961 e il 1989 Berlino è stata divisa in due, pur unitariamente posseduta dal malvagio spirito della Guerra Fredda. Anni, questi, di profonda incertezza politica e sociale, di compromessi forzosi e di spartizioni di torta tra i “vincitori”, anni in cui un’intera generazione è stata bruciata su un metaforico rogo.

Nel tempo dell’ambientazione della Berlino disegnata da Guadagnino, la Germania era un Paese piegato dalla sconfitta e dalla disgregazione (che doveva essere solo momentanea) del territorio nazionale. Il periodo del Muro, la fase della separazione tra Est e Ovest della politica e del mondo, ha arginato i tedeschi al di qua o al di là di una linea tanto allegorica quanto tragicamente concreta. Anche tra magia e non magia, tra realtà e “realtà-altra”, un muro separatore ed evanescente si presenta come solco di demarcazione tra un paradiso impossibile e un inferno conosciuto.

In Suspiria De Profundis, romanzo gotico del 1845 di Thomas de Quincey, Mater Suspiriorum è la personificazione dello sconforto di chi non si ribella al proprio fato. I “tedeschi del Muro” parevano destinati all’eterno limbo, alla sottomissione di chi non spera in un futuro alternativo e invece...

La Berlino scelta da Luca Guadagnino sbatte in faccia al pubblico la cupezza degli anni del Muro. I colori adottati in Suspiria non potevano che essere grigi e affumicati, spenti e invernali. È una Berlino che si lecca le ferite ancora aperte e sanguinanti, impensierita dal terrorismo di estrema sinistra, in bilico sul proprio senso di colpa.

Già il Suspiria del ‘77 ha avuto una certa familiarità con la Germania: la Foresta Nera, Monaco di Baviera e Friburgo sono state le località scelte per la pellicola di culto del maestro Dario Argento. Erasmo da Rotterdam sarebbe stato fiero di sapere che nella sua Haus zum Walfisch (in cui ha vissuto) la follia omicida fintamente ha preso sostanza. Chissà se il Liberty della piscina Müllerscher Volksbad, in cui nuotano Susy e Sara nella versione degli anni ‘70, ha fornito un suggerimento estetico a Guadagnino; l’ambientazione è berlinese, ma per il suo film è stato prediletto lo Stile Liberty dell’Hotel Campo dei Fiori di Varese per realizzare le inquadrature fondamentali. Un pizzico di buon campanilismo non fa male a nessuno e, comunque, il film Suspiria 2018 non dà l’esclusiva delle riprese a Varese e, infatti, non è estraneo alle location tedesche. Guadagnino ha scelto ancora la Germania ed è toccato a Berlino accogliere parte delle riprese e la ricostruzione scenica protagonista.

La Berlino del Muro oggi non c’è, ma le streghe che fine hanno fatto? Le streghe son tornate, almeno al cinema. La letteratura, però, insegna che le streghe sanno assumere molte forme e mescolarsi perfettamente tra la cosiddetta gente normale.

streghe 2 guadagnino

Il ritorno a pratiche occulte oggi risorge mediante il sabba della politica. Nel terrore guadagnineo della Berlino del Muro trionfano le streghe.

Adesso che nuovi muri, fisici e virtuali, sorgono nel bel mezzo del continente europeo, le streghe si adeguano ai nuovi linguaggi e diffondono messaggi d’intolleranza e di disgregazione di quell’unità tra nazioni a fatica conquistata. L’amnesia largamente diffusa è una forma assai brutta di magia nera perché cancella la Memoria Collettiva. Trattasi di faccenda assai grave e dalle ripercussioni devastanti ma gli olezzi di un estremismo nazifascista che si spargono in Europa dimostrano la presenza di falle nella Memoria Collettiva. L’effetto emorragico che ne deriva trascina nelle fogne le conquistate libertà post-belliche e la pace.

Le streghe son tornate o non sono mai andate via?

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Luca Manduca
È nato a Catania nel 1974. Maestro d'arte e grafico pubblicitario, laureato in giurisprudenza, tutor di diritto e economia, conciliatore. Attualmente vive a Milano, collabora col Centro Studi Berlin89 e scrive per la testata giornalistica Berlin'89.
Autore del libro "Una sana ossessione - Tra gli eroi, i luoghi e gli incanti di Chiamami col tuo nome - (Cavinato Editore)
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