Berlinale 70ª. Tante donne e tutte brave

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Nel report “Berlinale in Zahlen” con le cifre al femminile nel festival del cinema sta scritto che “la selezione migliora il rapporto fra i generi, rispetto alle candidature”. Potrebbe parere un caso. O una scelta politica. Oppure, semplicemente, sono più brave.

registeUna ventina di pagine fitte di numeri e di grafici, con pochissime parole. Il report intitolato “Berlinale in Zahlen”, ossia “La Berlinale in cifre”, è un documento corposo, pubblicato ogni anno a pochi giorni dall’apertura del Festival internazionale del cinema di Berlino, e racconta più di quanto ci si potrebbe aspettare.

Si apre con informazioni di base, come il numero di film (342, quest’anno, di cui 88 sono medio e cortometraggi e 94 documentari) e l’elenco dei paesi da cui provengono le produzioni (71, con un piccolo calo rispetto al 2019, quando erano 74), per proseguire con una serie di dati più specifici, che si trovano anche in un documento presentato separatamente. Si tratta del rapporto “Gender evaluation 2020”, ossia “Valutazione sul genere 2020”.

Si tratta di un lavoro che viene portato avanti oramai da diversi anni: la scelta di pubblicare i dati sulla presenza di registe al festival risale all’edizione 2004. Ben prima della recente protesta portata avanti da Natalie Portman, che sul red carpet degli Oscar ha voluto rendere omaggio alle registe snobbate agli award portandone i nomi ricamati sul mantello.

Per il 2020 il monitoraggio è stato fatto sulla regia e sulla produzione dei film presenti utilizzando due diverse fonti: analisi dei database e dichiarazione spontanea. Per quanto riguarda sceneggiatura, riprese e montaggio i dati sono stati raccolti invece solo tramite quanto dichiarato dalle troupe stesse. Informazioni raccolte in maniera anonima, per quanto riguarda i database, basate solo sui pronomi scelti all’atto della presentazone dei film, mentre nelle dichiarazioni spontanee c’era la possibilità di scegliere, oltre ai generi maschile e femminile, anche "transgender" o "non-binario", oppure non rispondere.

Una raccolta dati che è stata fatta solo per i film che sono parte del programma, escludendo le sezioni Retrospettiva, Classici e Omaggio, oltre che gli altri film storici, con un totale di circa 250 produzioni che hanno risposto. Un dataset di tutto rispetto, quindi, che ha portato a risultati sostanzialmente omogenei per quanto riguarda la direzione sia quando analizzata con riferimento alle persone che ai film (37,9 per cento le donne nel primo caso, 38,7 nel secondo), con invece uno sbilanciamento più forte quando si guardano i dati relativi ai film in concorso. Su 18 film, in questo caso, su 23 persone coinvolte nella regia, solo sette sono le donne che hanno diretto o co-diretto sei dei film in concorso.

Numeri sostanzialmente analoghi per quanto riguarda la produzione, e anche negli altri campi studiati i dati mostrano una sproporzione netta, con una tendenza però che vede la rappresentanza femminile sempre più forte col passare degli anni.

Un’osservazione però va fatta: esiste una differenza tra la percentuale di registe dei film che sono stati presentati rispetto a quelli poi selezionati e inseriti nel programma. Idem per quanto riguarda la produzione. 

Sono percentualmente di più, nel programma, rispetto alle candidature.

Nello studio pubblicato dalla Berlinale sta scritto che “La selezione migliora il rapporto fra i generi, rispetto alle candidature”. Potrebbe parere un caso. O una scelta politica. Oppure, semplicemente, sono più brave.

 

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